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Effatà ... Apriti!

Religione > Sacra Scrittura > Riflessioni Varie sulla Parola > 05/07-27/12/2015


Riflessioni Varie sulla Parola
Effatà ... Apriti!


Sul Vangelo di Marco (Mc 7,31-37)

6 Settembre 2015

                                                                                                                           di Sac. Giuseppe Biamonte


Nel vangelo di questa ventitreesima domenica del tempo ordinario, Gesù, ci ripete la stessa parola che abbiamo udito il giorno del nostro battesimo: "Effata’", cioè apriti.

Gesù non ci dice: "Aprimi", ma "Apriti".

Apriti alla relazione, apriti al dialogo con Dio e con i fratelli, uscendo dal proprio egoismo. La chiesa deve essere in "uscita", dice Papa Francesco.

Gesù si rapporta con il sordomuto del vangelo con una delicatezza, una discrezione e finezza d’animo meraviglioso.

Dapprima lo porta in disparte, da solo con sé, lontano dalla folla per non umiliarlo, strumentalizzarlo e non farlo sentire oggetto di curiosità. Gesù non vuole pubblicità di ciò che fa per gli altri.

Sembra di rivivere la stessa scena di un precedente brano evangelico: " Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’" (Mc 6,31).  C’è bisogno di questo riposo che ricrea, ristabilisce l’ordine, il dialogo profondo con se stessi e con Dio che può essere stato interrotto per diversi motivi.

Gesù è un vero maestro di relazioni, dello spirito. Il luogo solitario è per parlare al nostro cuore (Osea 2).

In questo luogo in "disparte", il Signore ascolta e "parla" per primo, per tutti noi. "Guardando verso il cielo, emise un sospiro". Cristo anticipa il nostro ascolto, il nostro parlare con Dio Padre, la nostra preghiera, e concede ciò che ha veramente promesso: "I ciechi ricuperano la vista, i sordi riacquistano l’udito, i muti parlano" (Mt 11, 4-5).

La seconda azione che mette in atto Gesù, è quella di porre le sue dita negli orecchi del sordomuto. Sembra di vederlo con gli indici delle dita mentre "stappa" le orecchie di quest’uomo. Cristo ci apre la porta dell’ascolto per far entrare la Sua Parola, per udire la Verità di Dio.

Shemà Israel! Ascolta Israele è il primo comandamento che Dio rivolge al Suo popolo.

L’ascoltare significa obbedire, aderire. Guai se ascoltassimo senza la disposizione sincera e profonda di capire quello che il Signore dice e di fare quello che ci indica.

L’ascolto che si fa obbedienza è la via sicura per diventare uomo di Dio, uomo spirituale, uomo di fede e di pietà, segno autentico della presenza di Cristo in mezzo ai fratelli.

La terza azione che compie Gesù è di toccare la lingua del sordomuto con la sua saliva. Questa scena, come quella della lavanda dei piedi racchiude un'intimità profonda. Gesù ci trasferisce ciò che racchiude la sua lingua: la Parola "benedicente", sanante di Dio. Egli ha messo nella mia bocca un nuovo cantico a lode del nostro Dio (Salmo 40,3).

L’evangelista annota che: "Subito […] si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente".

Parlare correttamente non significa solo essere spigliati ed eruditi, ma impiegare parole buone, educate e civili nei confronti dei fratelli. Ti siano gradite le parole della mia bocca (salmo 18).

Pertanto, due sono le vie per comunicare bene con il Signore e con i fratelli: l’ascolto e la parola.

Viceversa due sono le strade pericolose che possono distruggere ogni rapporto, amicizia e relazione: l’omertà e la mormorazione.

La peggiore chiusura, poi, che possiamo adottare nei confronti dei fratelli è la discriminazione o peggio ancora la preferenza che possiamo avere verso alcuni a discapito di altri.

San Giacomo lo ricorda nella seconda lettura portandoci come esempio un uomo che discrimina un fratello solo perché non indossa abiti lussuosi.

Quell’uomo applica la misura del favoritismo nelle sue relazioni.

Gesù, apri le mie orecchie alla Tua Parola perché entri sempre la Vita e la Verità e la mia lingua si sciolga in canti di lode.


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