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“Se vuoi, puoi guarirmi”

Religione > Sacra Scrittura > Riflessioni Varie sulla Parola > 06/01-28/06/2015


Riflessioni Varie sulla Parola


“Se vuoi, puoi guarirmi”

Sul Vangelo di Marco (Mc 1,40-45)   

15 Febbraio 2015

                                                                                                                                                 di Sac. Giuseppe Biamonte



Gesù esprime in una parola il desiderio forte di Dio per ciascuno di noi: ”Lo voglio, guarisci”. Egli si commuove dinanzi al nostro dolore, dinanzi alla solitudine agghiacciante che nessuno intravede, perché è stato l’uomo dei dolori che ben conosce il patire. Lui sa bene cosa significa essere rifiutato, essere trattato come reietto dagli uomini.

All’uomo lebbroso del vangelo, non solo erano cadute la pelle e la carne dal proprio corpo, ma era caduta ogni speranza di vita, cancellata la sua identità, dignità all'interno del suo paese. Finanche il suo vocabolario era stato cancellato, una sola parola gli si permetteva di pronunciare, per avvertire gli altri del suo arrivo, la parola: impuro, impuro!  Impuro era diventata la sua qualità, il soprannome discriminante che lo etichettava all'interno della comunità.

Il lebbroso non ha un nome né un volto perché è ognuno di noi bisognosi di essere di essere toccati, accarezzati dalla mano di Dio. Gesù è questa carezza di Dio per noi.

Una sola cosa non era caduta nel lebbroso, la fede in Gesù. La fede lo porta a uscire dal luogo in cui era costretto a isolarsi dal mondo, a vincere tutte le resistenze e pregiudizi umani e a spingerlo a inginocchiarsi di fronte alla Vita, all'Amore accogliente, alla Misericordia senza condanna e giudizi di Cristo.

Dinanzi a Gesù prende coraggio e lancia con lo stupore di tutti la sua richiesta: ”Se tu vuoi, puoi guarirmi”. Quasi a dire: “Io so che Tu non sei come gli altri, perché riconosco in Te il potere, il desiderio di Dio di riportarmi alla dignità della Sua immagine, ricomporre la mia vita e riordinare la mia esistenza”.

Il lebbroso sa con certezza che Gesù ha questo potere di liberarlo da quella condanna personale e sociale, il potere di farlo rivivere, riscattarlo dalla morte sociale che è peggiore della sua stessa malattia, liberarlo da se stesso, dalla solitudine che lo annienta e riportarlo alla vita, al sorriso, al mondo delle relazioni e dell’affettività.

Il lebbroso si ritrova dinanzi a Qualcuno che finalmente a differenza di altri, non lo schiva, non scappa, ma lo ascolta, lo guarda senza sentirsi giudicato, addirittura lo tocca. Da troppo tempo nessuno lo toccava e la sua carne, come dice Ermes Maria Ronchi, moriva per questa troppo lunga solitudine. Il cuore muore per assenza d’incontri.  La guarigione degli altri passa attraverso i nostri gesti e giudizi, nel condividere il dolore. Il dolore non vuole spiegazione, vuole partecipazione.

Il lebbroso è l’uomo che ha imparato una lezione dalla sua malattia e cioè che bisogna saper chiedere le cose, saper pregare bene senza pretendere nulla o forzare la volontà di Dio.

Quel “se vuoi”, infatti, è quel campo di libertà lasciato a Dio, quel confine invalicabile ove ogni forza o sforzo umano si arresta, ove si afferma il primato di Dio su tutte quelle realtà in cui l’uomo non può che riconoscersi impotente.

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